
Sono appena iniziati gli anni settanta, qualcuno si illude possano far resuscitare i mitici ’60, ma i più accorti sanno bene che qualcosa nella società sta mutando e, non solo nei costumi, stritolati dalla grande contestazione giovanile che da noi approda proprio in quegli anni e non soltanto dalle logiche stragiste che costellano quel periodo. Stanno cambiando anche i tempi e velocemente, ci allontaniamo dagli anni del boom economico per lanciarci, inconsapevolmente, di lì a qualche anno, nella sfortunata crisi economica di metà decennio, anticipata o forse causata, dalla storica crisi energetica degli anni di mezzo.

Il decennio appena iniziato vede la vittoria, a Sanremo, di Celentano e Claudia Mori con ” Chi non lavora non fa l’ amore “. Anche quella segna una rottura storica nel mondo della musica leggera, si abbandona lo stile gessato dei cantanti nelle manifestazioni importanti, si fa spazio agli urlatori, Celentano ne è il capostipite e per giunta è più ” molleggiato ” di una Citroen. In quell’ anno la benzina costa 160 lire al litro, ma per poco, in soli quattro anni il suo prezzo si raddoppierà, un caffè costa 70 lire e un chilo di pane 230, lo stipendio medio di un lavoratore non supera le 120.000 lire mensili.

Anche la Fiat si appresta ad una svolta epocale
La Fiat va a gonfie vele, utilitarie in testa, ma ai vertici dell’ azienda qualcuno si accorge che se si vuole mantenere alto il buon nome dello storico marchio, confidando sempre sugli alti livelli di vendita consueti, si dovrà procedere ad una profonda rivoluzione nella tecnologia, la stessa che prevede, per le utilitarie, la soluzione del ” tutto dietro “, motore e trazione posteriore. In effetti nel nord Europa, con la Mini, si sperimenta il tutto avanti, ed è un successo. Anche la Fiat ci prova, prevedendo la sostituzione della mitica 850, ma prima di farlo, usa come cavia un marchio appannato di quegli anni, l’ Autobianchi, che ha appena acquisito nel 1969. Il lancio di una auto che serva da apripista avviene con la A/112 ed è un successone. I tempi sono allora maturi per il cambiamento.

Al via la mitica 127
Di fatto, la produzione di questa city car, avviene nel 1971, ma l’ anno prima si tolgono i veli al prototipo che comincia a circolare furtivamente e camuffata per Torino e Mirafiori. La stampa se ne innamora, l’ impatto, già dalle foto rubate del tempo, è immediato. Nulla la accosta all’ auto che sta sostituendo, sia nelle forme, che nella tecnica, così come nel confort, curato e ingentilito. La soluzione del tutto avanti non da solo benefici di tenuta e di prestazioni, ma lascia più spazio all’ abitacolo e consente, anche, la nascita del portellone, una rarità in quel tempo, che farà la sua apparizione negli anni a seguire.

Nata dalla matita di un figlio d’ arte
A scolpire le forme della innovativa autovettura, una celebrità, nientemeno Pio Manzù, figlio di Giacomo, scultore di rilevantissimo spessore. La linea della 127 è piacevole, gradevole, sconcertante per alcuni, disorientati dalle nuove forme dell’ auto. E’ dotata di un motore tutto pepe, lo storico 903 che sviluppa 47 cavalli . Viene apprezzata per il comportamento su strada, stabile e dalla tenuta sicura, niente a che vedere con le sue antenate.

Ma è il confort che colpisce, abituati alla logica dell’ utilitaria scomoda, come da tradizione. Ha prestazioni di tutto rispetto, raggiunge la massima velocità di 140 KM/h e non consuma neanche tantissimo, 6,9 litri per cento chilometri. Ottima la frenata, per la prima volta, su un’ auto di quel segmento, si sperimentano i freni misti, a disco anteriori, a tamburo posteriori, che accorciano gli spazi di arresto, sollecitano meno il dispositivo frenante, tenuto conto del peso della vettura che, rispetto al passato, è aumentato a 700 kg.

La 127 diventa presto la vettura per l’ italiano medio, alla prima versione si affianca, nel 1974, la Special, qualche cavallo in più, un leggero restyling alla carrozzeria e agli interni. Il profondo cambiamento nello stile avverrà, però, nel 1977, quando la concorrenza estera si fa agguerrita, basti pensare alla Renault 5, alla Golf della Wolkswagen e alla Fiesta della Ford. Quell’ anno dai concessionari fa bella mostra la nuova 127, meno utilitaria, più auto per viaggiare, nelle varie versioni Confort, Lusso e Confort Lusso.

Aumenta la cilindrata, si abbandona il 903 a favore di un 1.050 da 50 CV, è più accessoriata, potente e confortevole. L’ anno dopo, si consacra il successo della Sport da 70 CV, passata di lì a poco ad un 1.3 col primo cambio a 5 marce per la categoria in Casa Fiat. Il diesel, la versione Rustica, un abbozzo di piccolo fuoristrada, la 147 brasiliana, fanno parte di tutto il percorso che quest’ auto compie durante la sua lunga vita, cessata dopo ben 16 anni di meritati successi, a favore di un’ altra pietra miliare della storia della Casa italiana, la UNO, che trainò l’ azienda ai vertici della classifica delle vendite, primato che per tanti anni fu detenuto dalla 127, venduta in oltre tre milioni e 600 mila esemplari.


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